Bologna, 10 settembre 2021
(avv. Antonello Tomanelli)
Il Governo sta gradualmente introducendo l’obbligo di vaccinazione di massa anticovid-19. Lo ha introdotto per il personale sanitario con Decreto Legge 1° aprile 2021, n. 44 e per il personale scolastico con Decreto Legge 6 agosto 2021, n. 111. Non c’è dubbio che, categoria per categoria, decreto dopo decreto, l’obbligo verrà esteso pressoché a tutti, come peraltro già annunciato da Mario Draghi.
Ma vi sono molti datori di lavoro che stanno anticipando i tempi, sostituendosi al Legislatore. Si è diffusa in molte aziende la prassi di chiedere il green pass ai propri lavoratori, pena la sospensione dal lavoro, pur in assenza di qualsiasi obbligo normativo. Insomma, un’iniziativa del mondo imprenditoriale che non pare avere solide basi giuridiche.
Per giustificarla, si riconduce questa iniziativa datoriale all’art. 2087 c.c.: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. La norma impone al datore di lavoro di dotare delle migliori cautele ogni aspetto del processo produttivo, per scongiurare malattie ed infortuni del lavoratore. Si badi bene: per scongiurare malattie ed infortuni derivanti dall’uso dei macchinari e dalla permanenza del lavoratore negli ambienti.
Il datore di lavoro potrebbe obbligare il lavoratore alla vaccinazione anticovid-19 soltanto se il virus fosse un effetto della lavorazione cui è adibito. Chiare indicazioni in tal senso ci vengono fornite dal Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro, che è il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Il medico dell’azienda attiva la c.d. “sorveglianza sanitaria” quando, dopo una valutazione dei rischi connessi a un processo produttivo, si rende necessaria l’adozione di misure a tutela del lavoratore interessato. Tale sorveglianza può arrivare anche ad una valutazione di inidoneità del lavoratore alle mansioni esercitate.
Tra le varie fattispecie di rischio che possono portare ad una procedura di sorveglianza sanitaria spicca quella disciplinata dall’art. 279 del Testo Unico: “Qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità, i lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria”.
E’ la sola disposizione del Testo Unico correlabile alla fattispecie di infezione da virus. Ma si badi bene: la norma, quando parla di “lavoratori esposti ad agenti biologici”, ovviamente si riferisce ad agenti biologici che originano dal processo produttivo che forma l’oggetto dell’impresa. Non da una pandemia, di cui l’origine esterna è indubbia.
Inoltre, essendo tutto il Testo Unico improntato unicamente alla tutela del lavoratore, i provvedimenti che possono adottarsi al termine della sorveglianza sanitaria sono sempre tesi alla salvaguardia della sua salute. Se il medico dell’azienda valuta che il rischio che il lavoratore si ammali non è trascurabile, informa il datore di lavoro della necessità di adibire il lavoratore ad altre mansioni. Dunque, l’impianto normativo del Testo Unico si rivolge al lavoratore singolo, tutelandolo dai rischi del processo produttivo ed agendo nel suo esclusivo interesse.
Ciò che invece molti datori di lavoro stanno facendo in funzione anti-covid è identificare il lavoratore che non si è vaccinato e sospenderlo dal lavoro. Qui il lavoratore senza green pass non viene tutelato, ma punito e discriminato. L’iniziativa collide inesorabilmente con lo spirito del Testo Unico, che quindi non può essere invocato per giustificare simili decisioni, nemmeno se appaiono finalizzate alla tutela degli altri lavoratori. Il Testo Unico non prevede né incoraggia in alcun modo la discriminazione del lavoratore.
Ciò significa che solo una legge, che probabilmente arriverà, potrebbe consentire al datore di lavoro di sospendere il lavoratore privo di green pass, come accaduto per il settore sanitario e scolastico, per i quali il Governo ha dovuto emanare appositi decreti legge.