Bologna, 17 febbraio 2025
(avv. Antonello Tomanelli)
Farsi portavoce della UE interpretandone il malumore per essere stata messa in un cantuccio della sala dove si decideranno le sorti dell’Ucraina, è un conto. Ben altro è equiparare la Russia di Putin alla Germania di Hitler, attraverso un parallelismo storico da sottobosco social, che la sanguigna Maria Zacharova ha bollato come «invenzioni blasfeme». Mai un nostro capo dello Stato aveva usato simili parole per qualificare una nazione straniera.
E il motivo è presto detto. In Italia il presidente della Repubblica non incarna un potere dello Stato. E’ un organo super partes. Nulla a che vedere con i presidenti USA e di Francia, che sono eletti dal popolo e a capo dei rispettivi esecutivi (negli USA i ministri si chiamano addirittura segretari).
La sua è una funzione di equilibrio e di coordinamento, che dovrebbe essere al di sopra di ogni diatriba politica. Come si esprime l’art. 87 della Costituzione, il presidente della Repubblica «rappresenta l’unità nazionale», ossia il popolo italiano nella sua interezza. Le sue esternazioni dovrebbero veicolare valori generalmente condivisi, mai posizioni di parte, tanto meno estreme.
Se può ritenersi un valore generalmente condiviso il divieto di aggressione armata ai danni di uno Stato sovrano (i motivi che hanno indotto Putin alla cosiddetta operazione militare speciale, almeno qui, non rilevano), che il popolo italiano possa condividere l’equiparazione della Russia di Putin alla Germania di Hitler è impensabile. Si tratta di una visione estremistica, che tradisce la funzione di equilibrio che la nostra Costituzione assegna al capo dello Stato. In quella esternazione Mattarella di certo non rappresentava «l’unità nazionale», come invece esige l’art. 87 della Costituzione.
Senza poi dimenticare che le parole di Mattarella finiscono per colpire il popolo russo nel suo insieme, avendo nelle ultime elezioni attribuito a Putin l’88,5% dei voti, più del doppio di quelli che nel 1933 consentirono ad Hitler di diventare cancelliere. E temo che nemmeno quei russi che non hanno votato Putin abbiano apprezzato quelle parole.
Attraverso quell’ardito parallelismo storico, Mattarella ha in sostanza chiamato nazisti 80 milioni di russi, per amarissima ironia della sorte tutti discendenti di quei 26 milioni che si immolarono per respingere l’invasione tedesca e liberare i sopravvissuti dei campi di concentramenti nazisti. La funzione del nostro presidente della Repubblica sarebbe armonizzare eventuali posizioni in conflitto e mitigare, anziché inasprire, non soltanto le tensioni interne, ma anche quelle internazionali. Non a caso «accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali», dice l’art. 87 della Costituzione.
Tra l’altro, non può che sconcertare la scelta dei tempi. Le esternazioni di Mattarella non sono arrivate in un momento qualsiasi del conflitto russo-ucraino, che dura da tre anni, ma subito dopo che Trump ha manifestato concretamente la volontà di aprire un tavolo di negoziazione con Putin, volontà condivisa dal presidente russo.
Chissà se le parole di Mattarella possano ritenersi un tentativo di sabotaggio, o una violazione della Legge Mancino, concretandosi in una nemmeno celata discriminazione del popolo russo. Ma vi è sostanza sufficiente per considerarla una portentosa oscenità, assolutamente incompatibile con il suo altissimo ufficio.