Ormai siamo alle comiche

Bologna, 17 ottobre 2024

(avv. Antonello Tomanelli)

Ovviamente il titolo è provocatorio. Ma se quanto sta accadendo in Libano non preannunciasse un bagno di sangue ormai inevitabile, il titolo sarebbe quanto meno appropriato. E un film con protagonista quel genio assoluto di Peter Sellers nei contestuali panni del comandante dell’esercito israeliano (IDF), dell’Unifil e di Hezbollah ci starebbe alla perfezione, e ci farebbe anche capire un sacco di cose.

Abbiamo l’IDF che a partire dal 1978 invade quattro volte il Libano, nel tentativo di far cessare la pioggia di razzi e le incursioni dei gruppi armati che si registrano pressoché quotidianamente nel nord della Galilea. Ogni volta Israele invade il Libano per ricacciarli al di là del fiume Leonte, verso Beirut.

Il Consiglio di Sicurezza Onu dà sempre ragione a Israele. Non preoccuparti, gli dice ogni volta, torna pure entro i tuoi confini, ci pensiamo noi a risolvere il problema piazzando nel sud del Libano una eccellente forza multinazionale, l’Unifil, così Hezbollah non potrà più nuocerti.

In effetti, a vedere le risoluzioni che finora si sono succedute, sembra che il Consiglio di Sicurezza ONU non abbia mai scherzato. Basta leggere il paragrafo 8 della risoluzione n. 1701 del 2006, approvata all’indomani della terza invasione israeliana, che richiama le precedenti: si dispone l’istituzione nel sud del Libano, tra la cosiddetta linea blu (il confine Israele-Libano) e il fiume Leonte, di «un’area priva di personale armato, di posizioni e armi che non siano quelle dell’esercito libanese e delle forze Unifil», nonché la piena attuazione delle precedenti risoluzioni che impongono «il disarmo di tutti i gruppi armati in Libano, in modo tale che non possano esserci armi o autorità in Libano se non quelle dello Stato libanese», insieme alla «eliminazione di tutte le forze straniere del Libano che non abbiano l’autorizzazione del suo governo». Si badi bene: «eliminazione». Ciò significa che Hezbollah e simili devono sparire, con le buone o con le cattive.

Nonostante Israele si sia sempre ritirato dal Libano, Hezbollah ha sempre goduto di ottima salute. Tonnellate e tonnellate di armi provenienti dall’Iran sono sempre regolarmente passate dal confine con la Siria sotto gli occhi di quelli dell’Unifil, messi lì dall’ONU proprio per disarmare Hezbollah. Il tutto nonostante lo stesso paragrafo 8 imponga «un embargo internazionale sulla vendita di armi e di materiale bellico al Libano, se non su autorizzazione del suo governo», nel timore che possano finire nelle mani di Hezbollah.

E qui incominciano le comiche. Sebbene il Consiglio di Sicurezza abbia imposto il disarmo completo di tutte le milizie irregolari presenti nel sud del Libano tramite l’Unifil (che in tutti questi anni si è limitato a fare la guardia ai cedri millenari) e nonostante la capacità militare di Hezbollah sia in tutti questi anni aumentata, quando secondo le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza avrebbe dovuto essere azzerata, molti criticano quei paesi che autorizzano l’invio di armi a Israele. Un paradosso bello e buono, gravissimo se qualcuno non lo coglie.

Le comiche proseguono guardando alla condotta militare di Hezbollah. Si è piazzato a ridosso dell’Unifil, di modo che ogni bombardamento israeliano contro postazioni del Partito di Dio, con molte probabilità colpirebbe il contingente ONU.

Israele non vuole che la soluzione del problema Hezbollah si protragga a tempo indeterminato. «Se non ci pensate voi, ci pensiamo noi» avrebbe detto Herzl Halevi, capo di stato maggiore dell’esercito israeliano. Israele ha lanciato alcuni avvertimenti, a modo suo, ferendo alcuni membri del contingente Onu. Un fatto grave, non c’è dubbio.

Ma se si vuole arrivare ad una conclusione, basta leggere l’art. 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, scritto dall’ONU. Elenca tutti i casi di «crimini di guerra». Al comma 2° lettera b) n. 23, si legge che è considerato crimine di guerra «utilizzare la presenza di un civile o di altra persona protetta per evitare che taluni siti, zone o forze militari divengano il bersaglio di operazioni militari».

Quelli dell’Uniful non saranno civili, ma persone protette certamente sì. È la famigerata pratica degli «scudi umani», dove ogni formazione jihadista pare vantare una discreta specializzazione. Si vuole dissuadere il nemico dall’attaccare, distribuendo un enorme rischio tra la popolazione civile o, come in questo caso, tra chi è lì per prevenire il conflitto. Un crimine di guerra.

Il quadro è piuttosto chiaro e nemmeno tanto complesso. Alcuni non lo capiranno, altri preferiranno continuare a secernere mala fede.

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