Niente “Cartabianca” per Orsini: una censura dichiarata

Bologna, 26 marzo 2022

(avv. Antonello Tomanelli)

A meno di clamorosi ripensamenti, il prof. Alessandro Orsini non sarà ospite di “Cartabianca”, il talk show condotto su Raitre da Bianca Berlinguer. La direzione gli ha cancellato d’imperio il contratto che aveva appena sottoscritto, da € 12.000 per complessive sei puntate.

Tutto è cominciato dal veto opposto da Andrea Romano, parlamentare del Pd e membro della Commissione Parlamentare di Vigilanza, il quale, alla notizia della concordata collaborazione, ha considerato “assolutamente inaccettabile che le risorse del servizio pubblico radiotelevisivo vengano utilizzate per finanziare i pifferai della propaganda di Putin”.

Alessandro Orsini è direttore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale e docente di sociologia del terrorismo presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università Luiss in Roma. È conteso da vari talk show, perché esperto di geopolitica. I suoi numerosi interventi a favore della pace in Europa e i relativi dubbi sull’opportunità di armare l’Ucraina nella guerra contro la Russia hanno indotto i suoi detrattori, tra i quali svetta appunto Andrea Romano, a considerarlo un putiniano.

Da qualunque parte stia la “verità”, non c’è dubbio che quello perpetrato ai danni del professor Orsini sia un emblematico caso di censura, che è l’atto di un potere pubblico con cui viene impedita la diffusione di una manifestazione di pensiero se ritenuta contraria agli interessi dell’ordinamento. Tipica nei regimi dittatoriali, la censura è inconcepibile in un ordinamento democratico.

L’unica forma di censura ammessa nel nostro ordinamento era quella sulle opere cinematografiche, disciplinata dalla Legge 21 aprile 1962 n. 161. Una apposita Commissione, i cui membri erano nominati dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali, concedeva il “nulla osta” alla diffusione di quelle opere non contrarie al buon costume. Una legge che su tali basi portò la magistratura a condannare al rogo pellicole come “Ultimo tango a Parigi”, “Salò o le 120 giornate di Sodoma” e “Totò che visse due volte”, soltanto per citare i casi più noti. Legge che è stata riformata nell’aprile 2021, e che ora prevede soltanto la possibilità di escludere dalla visione di un film alcune fasce d’età.

Si trattava comunque, almeno in via di principio, di forme di censura legittimate dall’art. 21 Cost., il cui ultimo comma vieta “le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume”.

Per il resto, l’art. 21 Cost. garantisce a tutti il “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E, subito dopo, chiarisce che “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

In effetti, nella legislazione sulla radiotelevisione non vi è traccia alcuna della possibilità di censurare un programma televisivo. La Legge 6 agosto 1990 n. 223 (nota come “Legge Mammì”) impone espressamente alla concessionaria, sia pubblica che privata, un controllo sul contenuto dei programmi, ma al solo scopo di impedire la commissione dei reati di “pubblicazione e spettacoli osceni” (art. 528 c.p.), di “pubblicazione lesiva del sentimento di fanciulli e adolescenti” (art. 14 L. n. 47/1948), di “pubblicazione impressionante o raccapricciante” (art. 15 L. n. 47/1948). Il tutto, anche qui, in armonia con quanto prescrive l’art. 21 Cost., laddove continua a vietare le manifestazioni contrarie al “buon costume”.

Ma nulla potrebbe mai legittimare la censura su manifestazioni di pensiero, nemmeno su quelle che esprime il professor Orsini, peraltro riconosciuto esperto in materia. E a chi eccepisse che nel caso di specie non può tecnicamente parlarsi di censura perché il provvedimento censorio non proviene da un organo pubblico deputato per legge ad esercitarla (come era senz’altro la succitata e discussa commissione per le opere cinematografiche), si potrebbe rispondere che l’annullamento del contratto di Orsini è il frutto di una decisione della dirigenza Rai, che è servizio pubblico. In più, sollecitata dalla netta presa di posizione di un noto politico che è anche membro della Commissione Parlamentare di Vigilanza, sulla cui natura pubblica non può dubitarsi. Quanto basta per ritenere un simile provvedimento in collisione con tutte le tutele contenute nell’art. 21 Cost.

Tra l’altro, si noti come in questo caso il censore non ha nemmeno mentito sui veri motivi della censura, diversamente da quanto accaduto in passato, quando venivano addotte giustificazioni anche grottesche (ma pur sempre giustificazioni) per nascondere il reale interesse che c’era dietro alla decisione di bloccare un programma. Qui il censore ha pubblicamente portato un attacco diretto al pensiero di un soggetto, ritenendo la sua diffusione contraria agli interessi dell’ordinamento. Insomma, una censura dichiarata.

Ma la cosa forse ancor più grave riguarda la vera vittima di questa censura. Non è il professor Orsini, anche se ha molto da recriminare e può invocare il mancato guadagno. È Bianca Berlinguer, conduttrice di Cartabianca, che nell’organizzare le ospitate di Orsini si è semplicemente ispirata a quanto prescrive l’art. 2 della Legge 3 febbraio 1963 n. 69, istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti: “È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.

È il diritto di cronaca, espressione dell’art. 21 Cost. Il giornalista ha il diritto di informare la collettività. Qualsiasi tentativo di comprimere quel diritto vìola la Costituzione. Infatti, è lo stesso art. 21 Cost. a stabilire al secondo comma che “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Insomma, una violazione di obblighi contrattuali per il professor Orsini, ma un calcio in faccia alla Berlinguer, che si è vista comprimere il diritto-dovere costituzionale di informare il pubblico.

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