Ma la Palestina è uno Stato?

Bologna, 23 settembre 2025

(avv. Antonello Tomanelli)

Il riconoscimento di uno Stato è un atto politico, quindi altamente discrezionale. Ma non può prescindere dal riscontro di tre elementi, che al momento del riconoscimento devono coesistere per soddisfare il requisito della statualità: una popolazione stanziata da tempo su un territorio, i confini certi di quel territorio, una piena ed esclusiva sovranità su di esso. E’ quello che dice l’art. 1 della Convenzione di Montevideo sui Diritti e Doveri degli Stati del 1933, riproduttiva di una norma di diritto internazionale generale.

Il riconoscimento di uno Stato non ha natura costitutiva, ma dichiarativa. Ciò significa che la dichiarazione è sempre successiva al perfezionarsi di quei tre elementi, della cui sussistenza il riconoscimento prende ufficialmente atto. Ma nel caso della Palestina, mentre sulla presenza del primo elemento non possono esserci dubbi (un popolo palestinese esiste), la totale assenza dei residui, ossia confini e sovranità, impedisce di rendere anche solo concepibile l’idea di un riconoscimento.

A Gaza, Hamas ha governato per vent’anni. Come è noto, non riconosce lo Stato ebraico e rivendica i confini segnati nel famigerato slogan «from the river to the sea», ossia senza Israele. Mentre in Cisgiordania la cosiddetta linea verde, tracciata con l’armistizio del 1948, rimane un confine tra i più contestati.

Quando, dopo la dissoluzione della Jugoslavia, si incominciò a parlare di riconoscimento degli Stati nazionali che avevano annunciato la secessione, la scelta si concentrò su quegli Stati che non avanzavano rivendicazioni territoriali nei confronti di quelli confinanti. Insomma, i confini devono essere certi e incontestati.

Situazione opposta a quella che vige da ormai 80 anni in Palestina, dove gli Stati arabi e gli stessi palestinesi addirittura rifiutarono la spartizione offerta dall’ONU con la risoluzione n. 181 del 1947.

E la sovranità? Hamas ormai non la esercita più nella Striscia. E in generale, da quando nel 2006 ha preso il potere facendo strage di poliziotti e di simpatizzanti dell’ANP seguendo un copione horror comic (i miliziani di Hamas lanciarono il cuoco di Abu Mazen dalla sommità del palazzo più alto di Gaza City e trafugarono un water d’oro da un lussuoso appartamento degli eredi di Arafat), ha esercitato sulla Striscia una sovranità a dir poco limitata. Nessuna persona o merce entrava o usciva da Gaza senza autorizzazione delle autorità israeliane. Gaza riceveva acqua e luce da Israele. Le acque territoriali della Striscia e lo spazio aereo sovrastante erano sotto il pieno ed esclusivo controllo di Tel Aviv. E lo sono tuttora.

E per quanto riguarda la Cisgiordania, il solo fatto che vi sia una compresenza di sovranità, israeliana e dell’ANP, impedisce di individuarne una esclusiva palestinese, presupposto indispensabile per poter considerare la Palestina uno Stato sovrano.

Di fronte a una situazione del genere, immaginare l’esistenza di una sovranità piena ed esclusiva esercitata da Hamas nella Striscia di Gaza e dall’ANP in Cisgiordania è una evidente forzatura, in palese contrasto con quanto stabilito dalla Convenzione di Montevideo e dal diritto internazionale generale.

Infine, vi è la questione dei diritti umani. Una norma consuetudinaria impedisce di riconoscere un neonato Stato che non li rispetti. Quando nel 1965, in pieno processo di decolonizzazione, la Rhodesia dichiarò l’indipendenza dalla Gran Bretagna, l’ONU si rifiutò di riconoscerla perché governata da una minoranza bianca razzista, baciata soltanto dal Sudafrica di Swart e dal Portogallo di Salazar.

La situazione dei diritti umani in Palestina, laddove ha governato Hamas per vent’anni, è agevolmente sintetizzabile. Esecuzioni pubbliche, con visione consentita ai minori, di fedifraghe, prostitute, omosessuali, travestiti e collaborazionisti, questi ultimi senza neanche un processo. Nei casi meno gravi, la pena è la frattura degli arti inferiori, percossi con blocchi di cemento armato. Libertà di parola e di pensiero, neanche a parlarne. Stupro dimostrabile soltanto con la testimonianza di quattro uomini adulti, secondo le disposizioni di un codice penale immerso nella Sharia.

Del resto, potrebbe mai considerarsi rispettoso dei diritti umani uno Stato che nella propria Costituzione (che in sostanza è lo statuto di Hamas), dopo aver esaltato il valore dei Protocolli dei Savi di Sion, predica la caccia all’ebreo fino alla sua estinzione, mentre i suoi rappresentanti annunciano pubblicamente di voler replicare ad libitum il pogrom del 7 ottobre?

Peraltro, viene spontaneo chiedersi perché mai paesi come Gran Bretagna, Australia e Canada abbiano riconosciuto lo Stato palestinese pur mantenendo Hamas nelle rispettive liste delle organizzazioni terroristiche.

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