Bologna, 26 gennaio 2025
(avv. Antonello Tomanelli)
Non sarà facile come imporre l’alternativa «male or female» su ogni documento, ma l’idea del neopresidente Trump di modificare le condizioni per l’acquisizione della cittadinanza americana, già oggetto di dispute giudiziarie, non appare così infondata.
Punto di partenza è il XIV Emendamento della Costituzione USA: «Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti e sottoposte alla relativa giurisdizione, sono cittadini degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono. Nessuno Stato farà o metterà in esecuzione una qualsiasi legge che limiti i privilegi o le immunità dei cittadini degli Stati Uniti».
La norma, emanata nel 1868 subito dopo la guerra civile, volle agevolare il futuro degli schiavi appena emancipati e dei loro discendenti, come una sorta di risarcimento per tutte le sofferenze patite. Chi nasce negli USA o in territorio sottoposto alla sua giurisdizione, acquista automaticamente la cittadinanza americana (il cosiddetto ius soli) a prescindere dalla nazionalità dei genitori, che possono essere entrambi stranieri. I vantaggi: nessun rischio di espulsione e la possibilità di recarsi in 174 nazioni senza dover richiedere il visto.
Trump, però, non vuole vanificare questo diritto, ma solo temperarlo. Secondo l’ordine esecutivo (executive order) appena emanato, che ha forza e valore di legge federale al pari di qualsiasi legge votata dal Congresso, diventa cittadino americano chiunque nasca in territorio USA, ma solo se almeno uno dei genitori (entrambi stranieri) sia in possesso della green card, documento comprovante la volontà di risiedere stabilmente negli Stati Uniti.
La norma trumpiana è già stata bollata come «palesemente incostituzionale» da John C. Coughenour, 84enne giudice di Seattle, nominato da Ronald Reagan. «Ho difficoltà a capire come un avvocato possa affermare che questo decreto è in linea con la nostra Costituzione», avrebbe detto.
Ma le cose stanno davvero come sostiene l’anziano giudice Coughenour?
Per capirlo bisogna rileggere attentamente il XIV Emendamento, il quale in sostanza dice che lo ius soli non può essere messo in discussione da «nessuno Stato». Ad esempio, i parlamenti di California, Texas, Nevada, Missouri e tutti gli altri, non potrebbero mai emanare una norma, valida per i rispettivi territori, simile a quella appena varata da Trump. Lui sì, invece. Lo si deduce anche da ciò che la Costituzione americana stabilisce per un altro diritto fondamentale: il diritto di voto.
Prendiamo, ad esempio, il XV Emendamento (1870): «Il diritto di voto dei cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato o limitato dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato in ragione della razza, del colore o della precedente condizione di schiavitù». Si badi bene: «dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato».
Prendiamo anche il XIX Emendamento (1920): «Il diritto di voto dei cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato o limitato dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato in ragione del sesso». Si badi bene: «dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato».
Il XXIV Emendamento (1964) stabilisce che «Il diritto dei cittadini degli Stati Uniti di votare in qualsiasi elezione primaria o altra elezione per il Presidente o il Vice Presidente, o per i Senatori o i Rappresentanti nel Congresso, non potrà essere negato o limitato dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato in ragione del mancato pagamento di una qualsiasi tassa». Si badi bene: «dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato».
Mentre sul requisito dell’età, il XXVI Emendamento (1971) dice: «Il diritto di voto dei cittadini degli Stati Uniti che abbiano diciotto anni di età o più, non potrà essere negato o limitato dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato in ragione dell’età». Si badi bene: «dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato».
Conclusione. Mentre con riferimento al diritto di voto, il divieto di limitarlo, nei molteplici aspetti ora visti, è riferito sia ai singoli Stati che all’intera Unione («non potrà essere negato o limitato dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato», dice ciascuna norma), il XIV Emendamento, quello sulla cittadinanza, pone limiti soltanto ai singoli Stati, ma non all’Unione («Nessuno Stato farà o metterà in esecuzione una qualsiasi legge […]»).
In altre parole, la Costituzione USA sembra distinguere casi in cui un diritto civile non può essere limitato né dai parlamenti dei singoli Stati, né dagli organi legislativi federali come il Congresso e il presidente eletto, dai casi (come quello sulla cittadinanza) in cui solo al presidente eletto (e al Congresso) è consentito apportare modifiche. Di conseguenza, un ordine esecutivo del presidente USA, che ha lo stesso valore e la stessa forza di una legge emanata dal Congresso, può regolamentare, anche limitandola, l’acquisizione della cittadinanza americana, cosa che invece non è consentita ai singoli Stati dell’Unione. Il tutto senza dover ricorrere al complesso procedimento di revisione costituzionale, che richiederebbe il voto dei due terzi del Congresso e dei tre quarti dei parlamenti statali.