Bologna, 9 ottobre 2024
(avv. Antonello Tomanelli)
Prelevato dalla sua abitazione, è stato portato in Questura per notificargli un provvedimento di espulsione immediata. Zulfiqar Khan, nato in Pakistan, Imam del Centro Islamico Iqraa di Bologna, dovrà lasciare l’Italia senza potervi fare ritorno per 10 anni.
I motivi sono quelli indicati nell’art. 13 del Testo Unico sull’Immigrazione: Ordine Pubblico e Sicurezza dello Stato. È un provvedimento che si basa su un giudizio di estrema pericolosità sociale di un soggetto, tanto da poter essere emanato soltanto dal ministro dell’Interno in persona.
Zulfiqar Khan è un Imam non molto conosciuto a livello nazionale. Ha fatto alcune apparizioni in programmi informativi su network nazionali, dove si è distinto per aver definito Israele «un popolo ingannatore» e «martiri liberatori» i miliziani di Hamas.
Ma nel nostro ordinamento essere straniero vagamente antisemita non è certo un valido motivo per essere cacciati. Infatti c’è ben altro. Se in tv, al di là dei soliti cliché antisemiti, l’Imam mantiene una condotta tutto sommato composta, in moschea sembra perdere completamente la testa.
I suoi infuocati sermoni contro Israele sono infarciti di anatemi che in un dibattito pubblico gli procurerebbero l’arresto immediato. «Pedofili e assassini» sono i sostantivi più benevoli che l’Imam rivolge al popolo ebraico. Sembra che dai fedeli non si aspetti mai domande quando dice che «gli israeliani vanno ammazzati tutti uno per uno, senza differenza tra anziani e bambini, comprese le donne incinte». Definisce Hamas ed Hezbollah «la mano di Allah». Bolla di infedeltà i governi arabi moderati, assicurando per ognuno di loro «un castigo doloroso». Di tanto in tanto non disdegna di alleggerire l’atmosfera parlando di quei «pervertiti da curare» degli omosessuali.
Insomma, più che sufficiente per concludere che passando dall’Imam della tv a quello pratico della moschea, le cose sembrano cambiare un po’.
«Reati di opinione», si affretta a chiarire il legale dell’Imam preannunciando ricorso al TAR, forse senza pensare che dicendo così inguaia ancor di più il suo cliente, perché il cosiddetto reato di opinione, per quanto possa essere discutibile come figura, rimane pur sempre un reato. Inoltre, non esiste una semplice opinione che sia considerata reato dall’ordinamento. Dipende cosa vai a toccare con quella opinione, e come e in quali contesti la esterni.
Se un Imam in un sermone accusa Israele di perpetrare un genocidio, esprime un’opinione, più specificamente una critica. Magari errata, ma pur sempre libera. Non appena però l’oggetto della sua critica si sposta dall’entità Stato agli israeliani in generale, cioè agli ebrei, l’opinione diventa rischiosa, perché potrebbe contenere elementi lesivi dei valori portanti di tutte le Costituzioni e le convenzioni internazionali che negli ultimi 75 anni sono entrate in vigore nella piena coscienza della irripetibilità di un fenomeno come l’Olocausto.
Nel mondo civile non esiste Costituzione che non vieti la discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa. E quando dalla discriminazione si passa all’invito a sterminare un popolo attraverso l’eliminazione fisica dei suoi membri («gli israeliani vanno ammazzati tutti uno per uno, senza differenza tra anziani e bambini, comprese le donne incinte», dice l’Imam), si sconfina nell’area dell’«incitamento all’odio razziale», con tanto di sanzioni penali previste dalla legge Mancino, che è una legge originariamente pensata per arginare – pensate un po’ – la propaganda nazifascista.
Le frasi dell’Imam di Bologna hanno prodotto una frattura insanabile non soltanto con lo Stato, ma anche con la collettività di riferimento. Nessun paese può prendere con umorismo frasi del genere, fatta eccezione per quegli Stati, che per fortuna si contano nelle dita di una mano, in cui l’odio per gli ebrei non sembra turbarne le Costituzioni.