(Bologna, 25 settembre 2022
(avv. Antonello Tomanelli)
Il diritto di voto è il diritto più pregnante che la Costituzione ci garantisce, perché attraverso di esso esprimiamo la nostra sovranità. Solo una dura condanna penale, che preveda l’interdizione dai pubblici uffici, può cancellarlo. E l’art. 48 della Costituzione lo definisce «dovere civico».
Dovere civico, ma non giuridico. Almeno in tempi recenti. Fino a una quarantina di anni fa era una sorta di obbligo. Chi non votava veniva additato al pubblico ludibrio: nome e cognome gli finivano per un mese nell’albo pretorio, quello dove vengono pubblicati gli atti più rilevanti di ogni Comune. E la dicitura «non ha votato» veniva stampata sul certificato del casellario giudiziale. Questo prevedeva l’art. 115 del D.P.R. 30 marzo 1957 n. 361, ovviamente poi abrogato.
Rimane però un dovere civico. Insomma, votare è maledettamente importante. Alcuni non vanno a votare perché dicono che è inutile, tanto non cambia nulla, tanto decidono sempre loro.
Non mi sento di dire, e neanche di pensare, che costoro siano degli idioti, ci mancherebbe altro. Hanno ragione a lamentarsi di questa democrazia, un mirabile sistema nato intrinsecamente malato, dove l’elettore viene in qualche modo e con molti sotterfugi convinto e poi lasciato nella trepida attesa di conoscere se sarà aiutato o vigliaccamente tradito. La democrazia è un corpo che necessita di un costante bisogno di trattamenti terapeutici, sempre esposto com’è a virus mutanti.
Ma siccome noi, per evidenti motivi, siamo i primi a subire i nefasti effetti di quei virus, la scelta di non votare è la scelta di chi decide di non curarsi, nella speranza che la malattia regredisca spontaneamente.
Oggi, come non mai, il voto si palesa decisivo. Con una guerra mondiale alle porte e una crisi economica che non ricorda precedenti, l’astensione sarebbe una sorta di suicidio di massa.
Andiamo, invece, a votare per chi non vuol sentir parlare di armi a Stati belligeranti, di sanzioni a chi ci fornisce la linfa vitale, di odio verso popoli per i quali la nostra riconoscenza deve essere un valore indiscutibile, di acquiescenza all’arroganza della UE che vede la sovranità popolare come il fumo negli occhi e le Costituzioni come un pilota guarda a un dissuasore stradale in un circuito di Formula Uno. Anche se qualcuno, nel votare in questa tornata, dovesse turarsi il naso.
Di fronte alla netta contrapposizione esistente su temi cruciali, anzi vitali, questo voto diventa un referendum. Per chi crede soltanto nella democrazia diretta, non perda l’occasione.