Karim Khan, il mattatore di Netanyahu

Bologna, 21 novembre 2024

(avv. Antonello Tomanelli)

Benjamin Netanyahu è ufficialmente un ricercato, insieme a Yoav Gallant, il garante dei dem americani silurato dallo stesso Netanyahu poche ore prima che la vittoria di Trump prendesse forma. Sono stati raggiunti da un ordine di arresto della procura della Corte Penale Internazionale (CPI) per crimini di guerra commessi a Gaza. Potranno viaggiare soltanto negli USA, l’unico paese tra i cosiddetti grandi, insieme a Russia, Cina e lo stesso Israele, a non aver mai riconosciuto la giurisdizione della Corte.

L’artefice dell’accusa è Karim Ahmad Khan, il procuratore capo della CPI, che peraltro è sotto indagine per molestie sessuali, avendo a quanto pare costretto le sue segretarie, oltre che alla solita produzione di scartoffie, anche a diversi scambi di sudate.

Nato in Scozia da padre pakistano, appartiene alla comunità musulmana Ahmadyya. Ottimi studi, avvocato specializzato in diritto internazionale penale, prima di approdare all’Aja ha difeso vari criminali di guerra proprio davanti ai tribunali internazionali. Tra questi Saif-al-Islam Gheddafi, figlio del leader libico, aiutandolo a sfuggire ad un processo per genocidio.

Ma il più spettacolare criminale che Khan abbia mai difeso in qualità di avvocato è Charles Taylor, ex presidente della Liberia, responsabile della uccisione e della mutilazione di centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini durante la seconda guerra civile liberiana. Nel 2009 fu processato dalla CPI per genocidio, torture, sacrifici umani, per aver incoraggiato i propri soldati ad atti di cannibalismo sui nemici, arruolato bambini, fatto disseminare le strade di Monrovia di teschi umani e seppellire sotto la sabbia, viva e incinta, la moglie di un dissidente politico. Sta scontando l’ergastolo in un carcere di massima sicurezza del Regno Unito.

Karim Khan è quello che nel marzo 2023, già procuratore capo della CPI, spiccò un mandato di arresto contro Putin, con l’accusa di aver ideato e organizzato la deportazione in Russia di migliaia di bambini ucraini. In realtà, questi bambini, ospiti di fatiscenti orfanotrofi o abbandonati dalle loro famiglie, erano stati allontanati dalle zone di guerra, in ottemperanza a quando prescrivono in questi casi le Convenzioni di Ginevra, compito che sulla carta spettava alle truppe di Zelensky.

Oggi, in qualità di procuratore capo della CPI, abbiamo un musulmano, con i suoi eloquenti trascorsi, che accusa il primo ministro dello Stato ebraico.

E nemmeno può dirsi amante dello stato di diritto, questo procuratore capo Khan. A quanto pare, ha l’incorreggibile vizio di dare la caccia a soggetti che non potrebbero essere nemmeno processati. Né Israele né la Russia hanno mai firmato il Trattato di Roma del 1998, che ha istituito la CPI. Eppure l’art. 12 dello Statuto della Corte è chiaro: la Corte può esercitare la propria giurisdizione soltanto nei confronti dei cittadini di Stati che sono parti dello Statuto di Roma, o che ne hanno accettato la competenza.

L’unico che può portare a giudizio, davanti alla CPI, il cittadino di uno Stato che non è parte del Trattato di Roma è il Consiglio di Sicurezza ONU, con il voto unanime dei suoi cinque membri permanenti. Un’ipotesi che, allo stato attuale, non è contemplabile.

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