Dilaga l’isteria russofobica

Bologna, 22 luglio 2025

(avv. Antonello Tomanelli)

E’ bastato un delirante post di Luigi Marattin, fondatore del partito liberaldemocratico, nato alcuni mesi fa prefigurando percentuali da prefisso telefonico e che non a caso nessuno conosce, per indurre il sindaco Matteo Lepore ad annullare il concerto del pianista 40enne Alexander Romanovsky, previsto per il 5 agosto a Bologna nella piazza Sergio Vieira de Mello.

«È inaccettabile che Comune e Città Metropolitana di Bologna garantiscano il patrocinio alla esibizione nella nostra città del pianista ucraino filo-russo Alexander Romanovsky. Bologna è una città dalle solidissime tradizioni democratiche e antifasciste: non si può avallare il fascismo putiniano consentendo ad uno dei suoi propagandisti di toccare il nostro suolo senza, con questo, sporcare la nostra gloriosa bandiera».

Il Marattin si era espresso in tali grevi modi soltanto ieri, non a caso una manciata di minuti dopo che la Reggia di Caserta aveva espresso il suo niet a Valery Gergiev, il pluridecorato direttore d’orchestra russo considerato vicino a Vladimir Putin. Certamente nemmeno Marattin si aspettava cotanta obbedienza dal pavido sindaco woke Matteo Lepore, che alla chiamata «antifascista» di un Marattin qualsiasi risponde supinamente con un atto tipicamente fascista: la cancellazione di un evento artistico per motivi politici.

Tra l’altro, il Marattin non lo sa, né potrebbe essere diversamente, essendo uno che a quanto pare non si informa prima di straparlare. Ma Romanovsky non ha alcun bisogno di «toccare il nostro suolo», perché ha la cittadinanza italiana, essendosi trasferito nel nostro paese all’età di 13 anni. Da lì performance strabilianti.

A 17 anni vince il prestigioso concorso pianistico internazionale Ferruccio Busoni. A 21 anni suona a Castel Gandolfo per Papa Ratzinger. L’anno dopo si diploma al Royal College of Music di Londra, di cui a breve diventerà docente. Durante la pandemia attraversa l’Italia suonando all’aperto su un pianoforte mobile.

E’ uno che Putin non l’ha visto nemmeno da lontano. Ma ormai qualsiasi artista colto nell’atto di rilasciare un commento non troppo negativo sul presidente russo, finisce nel cono d’ombra proiettato da supposti antifascisti che non disdegnano metodi fascisti pur di liberarsi di soggetti la cui professionalità è commisurata al merito, non certo al loro pensiero. Aveva ragione Pasolini, dunque.

Meglio dare spazio agli asini, se si professano nemici del presidente russo. E chissenefrega del merito. E’ un mondo in cui figure insignificanti e al tempo stesso deprimenti come Luigi Marattin e Matteo Lepore si trovano perfettamente a loro agio.

Ma che ci fanno soggetti del genere in Italia? Nulla, a parte irridere l’art. 33 della Costituzione, laddove sancisce che «L’arte è libera e libero ne è l’insegnamento». Per questi soggetti l’arte non è affatto libera, ma va autorizzata di volta in volta.

Ed ecco il paradosso. Un soggetto come il sindaco Matteo Lepore, che si professa di sinistra e che dunque dovrebbe avere a cuore più di tanti altri il rispetto dei diritti civili, censura una performance artistica sulla falsariga di un editto del MinCulPop.

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