Bologna, 13 gennaio 2022
(avv. Antonello Tomanelli)
Il consenso informato rappresenta una delle più grandi conquiste di civiltà degli ultimi decenni in materia di trattamento sanitario. Il paziente, da soggetto privo di qualsiasi potestà decisionale, da sempre relegato in un ruolo meramente passivo di fronte alla figura paternalistica del medico, diventa il solo punto di riferimento. Il medico propone, il paziente accetta. Senza il suo consenso, preceduto dalla più esaustiva informazione circa rischi e benefici del trattamento, il medico non può fare nulla.
Ma ciò presuppone che il consenso sia libero, perché la pur più completa informazione sul trattamento proposto non serve a nulla, se la formazione della volontà del paziente subisce condizionamenti. È il problema che si pone nelle vaccinazioni obbligatorie, che a norma dell’art. 32 Cost. lo Stato può imporre con legge.
Ma il punto è: qualsiasi condizionamento rende nullo il consenso?
Nell’epoca pre-Covid 19 vi sono stati numerosi casi di imposizione per legge di obblighi vaccinali, per arrivare al D.L. 7 giugno 2017 n. 73, che ha previsto dieci vaccinazioni nelle scuole fino al 16° anno di età, pena per i genitori una sanzione da 100 a 500 Euro, quasi sempre applicata nella misura minima.
Non vi è dubbio che l’idea di dover pagare una sanzione minima di 100 Euro costituisce in teoria un condizionamento, sia pure in misura diversa a seconda delle proprie condizioni economiche. Tuttavia, bisogna considerare la natura della fonte del condizionamento.
Minacciando una sanzione pecuniaria, anche lieve, certamente lo Stato induce a vaccinarsi. Ma, a ben vedere, qui il condizionamento è di gran lunga inferiore a quello che, ad esempio, può operare il congiunto a fin di bene. E al vaccinando non viene prospettata la negazione di un diritto o di una libertà.
Al contrario, l’imposizione del green pass rafforzato rappresenta per il non vaccinato la negazione della libertà di circolazione garantita dall’art. 16 Cost., nonché del diritto al lavoro, il cui spessore è valorizzato al massimo dall’art. 1 Cost., dove “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” (se ne è parlato qui)
La lesione di un diritto costituzionale va vista come la peggior prospettazione per chi deve scegliere se vaccinarsi o no, il massimo condizionamento che può subire nel processo di formazione della volontà. In tali casi, il consenso alla vaccinazione è da ritenersi non prestato.
Si può dire che la normativa del 2017, che ha imposto le vaccinazioni nell’età scolare, ha condiviso questa impostazione, prevedendo, oltre alla sanzione pecuniaria, l’impossibilità di iscrivere all’asilo nido e alla scuola materna il bambino non vaccinato. Ma non alle scuole primarie e secondarie, che costituiscono la base dell’istruzione. La minaccia di impedire al figlio del no vax l’accesso all’istruzione avrebbe rappresentato un condizionamento tale da rendere nullo il consenso alla vaccinazione, perché si sarebbe risolta in una palese violazione dell’art. 34 Cost., che garantisce il diritto allo studio.
A ben vedere, il recente obbligo vaccinale anti-Covid per gli ultracinquantenni, introdotto con il D.L. 7 gennaio 2022 n. 1, è molto simile a quello previsto dalla normativa del 2017. Si impone una sanzione pecuniaria di Euro 100 in caso di mancato adempimento. Qui il condizionamento non si risolve in una lesione di diritti costituzionali. Al contrario, è la vigente normativa sul green pass rafforzato ad allontanare anni luce l’ultracinquantenne da chi è in età scolare. La mancanza di quel documento limita fortemente la sua libertà di circolazione, non potendo praticamente più entrare in nessun posto, autobus e treni compresi. E la libertà di circolazione non consiste soltanto nella possibilità di passeggiare.
Il tutto a maggior ragione se ad essere minacciato è il diritto al lavoro, che secondo l’art. 1 Cost. addirittura fonda la nostra Repubblica (“L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”). L’enfasi con cui il Costituente ha introdotto la legge fondamentale la dice lunga sul significato che ha voluto attribuire al lavoro. Non mero strumento di sopravvivenza, ma imprescindibile valore che permea il sistema economico, politico e sociale.
Fa quindi sorridere che in occasione di ogni inoculazione, al vaccinando venga fatta compilare e firmare la scheda del consenso informato, perché in effetti parlare in generale di consenso alla vaccinazione anti-Covid è puro ossimoro. Qui il male prospettato, nella migliore delle ipotesi, è l’azzeramento della socialità del non vaccinato. In quella peggiore, la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione. Siamo in un’altra dimensione rispetto a quella in cui si svolge ogni vaccinazione che preveda soltanto una sanzione pecuniaria in caso di mancato adempimento dell’obbligo vaccinale.