Congratulazioni ad Hamas

Bologna, 14 ottobre 2025

(avv. Antonello Tomanelli)

Gli ostaggi sono liberi. Rapiti nel pogrom del 7 ottobre dalle loro case, dai Kibbutz, dai rave, persino dalla strada, erano stati portati a Gaza in 258, inclusi 30 bambini. Il destino sembrava aver riservato loro carte migliori di quelle distribuite ai 1200 massacrati sul posto nei modi più indigesti. Invece, ne sono tornati a casa soltanto venti. Gli altri sono morti per effetto della misericordiosa custodia di Hamas.

Una volta preso il potere, i Giovani Turchi organizzarono le famigerate marce della morte uccidendo, in molti casi per mero divertimento, un milione e mezzo di armeni, su una popolazione di circa tre milioni, in quello definito dagli storici il primo genocidio dell’era moderna. L’orrifica coppia Hitler-Himmler organizzò l’eliminazione di sei dei nove milioni e mezzo di ebrei che vivevano in Europa. Il pur da qualcuno idolatrato Pol Pot, in una oculata gestione delle finanze pubbliche, rimpinzò di spranghe, mazze chiodate e asce l’esercito cambogiano per risparmiare sulle munizioni, giusto il tempo di tre anni per fare a brandelli e sotterrare in fosse comuni due milioni di laureati e diplomati (compreso chi semplicemente portava gli occhiali) solo per questo invisi al potere, su una popolazione di cinque milioni e mezzo. Molto più spiccio il governo del Rwanda, che in cento giorni mandò al creatore un milione di Tutsi, più o meno la loro metà, usando 600 mila machete importati dalla Cina.

Hamas può dunque fregiarsi di un titolo di tutto rispetto. Durante la loro custodia, ha fatto crepare di morte violenta praticamente la metà degli ostaggi, bambini compresi. Una proporzione che susciterebbe il profondo rispetto dei summenzionati galantuomini. E potrebbe senz’altro fare di meglio Hamas, se il tormentone «from the river to the sea Palestina will be free» incominciasse a materializzarsi sul campo.

Per inciso, un genocidio, che consiste nella uccisione, necessariamente premeditata, di membri di un gruppo, implica un preciso rapporto tra vittima e soggetto genocidiario, che vede il primo in totale balìa del secondo. Nel genocidio, il soggetto vittima si trova nella custodia del soggetto genocidiario. Qui la vittima non ha alcuna possibilità o capacità di reagire. Il suo destino dipende totalmente dall’arbitrio di chi lo vede come il fumo negli occhi. Proprio come successe nell’Europa nazificata, nell’Armenia ottomana, in Cambogia, in Rwanda. Fino agli indiani d’America, andando indietro nel tempo.

Nel genocidio, lo sterminio avviene in maniera scientifica. E non per conseguire un vantaggio militare, ma soltanto allo scopo di sopprimere membri di un gruppo, inviso al (e sotto il controllo del) soggetto genocidiario. Il genocidio non ha nulla a che vedere con il conflitto armato. Non è l’esito catastrofico di una guerra perduta, ma la vigliacca negazione del diritto all’esistenza di un intero gruppo.

Chi ha mai pensato di accusare di genocidio il Regno Unito per i civili uccisi durante il conflitto nord-irlandese? Si è mai accusata la Francia di genocidio nella guerra di indipendenza algerina, che costò la vita a oltre mezzo milione di civili? Qualcuno ha mai parlato di genocidio per le migliaia di tonnellate di napalm scodellate dagli USA sui villaggi vietnamiti? Si potrebbe accusare di genocidio Putin per le migliaia di vite umane spezzate dai bombardamenti in Ucraina?

La risposta è semplice. Laddove vi sia un conflitto armato, e solo nella misura in cui la morte di civili sia la diretta conseguenza di operazioni finalizzate ad acquisire un vantaggio militare, parlare di genocidio si sostanzia in un clamoroso fraintendimento dei principi contenuti nelle convenzioni di Ginevra, che in più punti, e a determinate condizioni, consentono il sacrificio di civili. Applicare alla guerra le regole che disciplinano la convivenza in tempo di pace, è semplicemente impensabile. Il resto è soltanto pressappochismo.

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