A Milano ebrei cacciati da un autogrill

Bologna, 30 luglio 2025

(avv. Antonello Tomanelli)

Questo è l’autogrill di Lainate dove domenica sera un gruppo di esagitati ha aggredito Elie Sultan, un 52enne turista francese di origini ebraiche, che si trovava all’interno della struttura assieme al figlio di sei anni indossando la kippah.

Un video, girato dallo stesso turista, mostra alcune persone, peraltro di una certa età, che vanno in escandescenze non appena scorgono i due ebrei francesi. «Qui non siamo a Gaza, siamo a Milano», avverte un panzone. Gli fa eco una milf: «Frì Palestain, frì Palestain». Il tutto davanti al figlio di sei anni, che assiste impietrito alla bagarre.

Sembra assodato, né potrebbe concludersi diversamente, che con il governo Netanyahu e con ciò che sta accadendo a Gaza, il sig. Sultan e figlio non c’entrano una beneamata mazza. Eppure sono stati cacciati dall’autogrill a suon di insulti, e anche con qualche cazzotto, solo perché indossavano la kippah, un simbolo squisitamente religioso.

Quando il giudizio di responsabilità per le azioni di un governo esonda fino a travolgere anche chi con quel governo non ha nulla a che vedere, presentando come unico collegamento la sola appartenenza alla stessa etnìa, allora si sconfina nel cosiddetto odio razziale, che porta ad aggredire a Milano, dandogli dell’assassino, un turista francese, che magari non è nemmeno mai stato in Israele in vita sua, solo perché indossa la kippah, dunque solo perché è ebreo.

La Procura di Milano si è mossa immediatamente, aprendo un’indagine. L’accusa? Percosse aggravate dall’odio razziale. Una decisione celere ma incomprensibile.

A Lainate, infatti, l’odio razziale non ha fatto da semplice contorno, occasione di un altro reato, limitandosi ad aggravarlo. Il comportamento degli autori del reato ha avuto come unico fine allontanare dalla struttura padre e figlio, dopo averli adeguatamente ingiuriati, solo perché ebrei. «Andrete all’inferno prima o poi», si sente urlare una signora che partecipa al pubblico ludibrio.

Ma l’accusa di percosse avrà effetto soltanto nei confronti di coloro che hanno materialmente messo le mani addosso al turista ebreo (il figlio di sei anni, pietrificato dalla paura, è stato prontamente allontanato da un’anima caritatevole che ha intuito il pericolo incombente), ma non per chi ha fomentato, se non istigato, l’aggressione a sfondo razziale, assumendosi una responsabilità ben più grave di quella di chi lo ha percosso pur senza procuragli un graffio (il reato di percosse è così, se ci fosse anche solo un graffio o un piccolissimo ematoma, scatterebbe il reato di lesioni).

In realtà, andrebbero applicate le disposizioni della Legge Mancino, trasfuse nell’art. 604-bis del codice penale, che prevedono pene decisamente più gravi di quelle previste per il reato di percosse, anche nella forma aggravata.

L’art. 604-bis prevede due tipi di reato, commessi per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Il primo è la semplice discriminazione, anche nella forma dell’istigazione, che si ha quando vengono negati diritti generalmente riconosciuti ai consociati in ragione della appartenenza a un’etnìa, a una religione o a una nazione. Limitare a qualcuno il diritto di circolazione all’interno di un autogrill solo perché ebreo rappresenta la più classica delle discriminazioni. Un po’ come quella di impedire ai tennisti russi e bielorussi di partecipare ai tornei ATP e WTA.

Ma quanto accaduto alla famiglia francese va anche al di là della semplice discriminazione. Non sono stati gentilmente messi alla porta, ma inseguiti e caricati, fino a far cadere il padre, i cui occhiali risultano frantumati.

Nell’autogrill di Lainate si è sconfinati nella seconda, più grave, ipotesi di reato delineata dall’art. 604-bis., che punisce «chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi»”. La pena è la reclusione fino a quattro anni. Ben altra cosa rispetto ai sei mesi massimi, peraltro convertibili in multa, previsti dal reato di percosse ipotizzato dalla Procura di Milano.

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