Bologna, 1° giugno 2025
(avv. Antonello Tomanelli)
Questa è la faccia da assassino di Stefano Addeo, il sedicente professore campano che in un post su Instagram ha augurato alla figlia di Giorgia Meloni, di anni nove, la stessa fine di Martina Carbonaro, la ragazzina di Afragola uccisa pochi giorni fa a colpi di pietra da un fidanzato geloso.
Va fatta una premessa. Il giudizio sull’ormai famoso post non deve essere minimamente condizionato dal fatto che ad essere stata presa di mira è la figlia dell’attuale presidente del Consiglio. La valutazione sarebbe la medesima se al suo posto vi fosse la figlia di Landini, di Putin, di Zelensky, di Netanyahu, del capo di Hamas, oppure del vicino di casa o del collega di lavoro che quotidianamente ha la sfortuna di spartire anche solo pochi istanti con un tale squallido esempio di miseria intellettiva, intellettuale e morale.
Ho utilizzato l’aggettivo «sedicente» perché definire costui «insegnante» costituirebbe un puro ossimoro. Cosa potrebbe mai insegnare uno così? Né potrebbe aspirare a farlo in futuro, in una sorta di ravvedimento, dal momento che con ogni probabilità verrà licenziato.
Già, perché augurare la morte a qualcuno rientra nel concetto di diffamazione. E quando la diffamazione lede gravemente l’immagine e il prestigio dell’ente presso cui il diffamatore è incardinato, ben può scattare il licenziamento per direttissima.
E qui non stiamo parlando di un banale body shaming, o dell’accostamento della vittima del reato ad una nota e antichissima professione. Qui si augura la morte di una bambina di nove anni, che con ogni probabilità avrà avuto contezza dell’accaduto. E non una morte qualsiasi, cosa già di per sé disgustosa, ma la morte iniqua toccata pochi giorni fa a quella ragazzina di Afragola.
Pare che questo sedicente professore campano, addirittura 65enne, posti in continuazione insulti contro la stessa Meloni e il suo governo, panegirici degli immigrati e dei manifestanti che inneggiano ad Hamas, anatemi contro Netanyahu, Trump e il genocidio palestinese.
Insomma, un soggetto con una visione politica abbastanza definita. E con tutte le contraddizioni che si porta dietro ogni volta che si mette alla tastiera. Scrivere in maniera ossessiva post a difesa dei bambini di Gaza ci sta tutto, ma non quando, nel contempo, si augura una morte straziante a una bambina di nove anni a causa delle posizioni politiche del proprio genitore. Così come sposare sacrosante tesi a difesa delle vittime dei femminicidi, salvo poi invocare la macelleria di Afragola per la figlia della presidente del Consiglio.
Tra l’altro, la morte di Martina Carbonaro, per le modalità esecutive, evoca la lapidazione, una pena tuttora prevista e applicata in alcuni paesi musulmani per reati come l’adulterio e la prostituzione. Certo, ha finito per sconcertare tutti l’episodio di Afragola, ma non, a quanto pare, la replica augurata alla figlia della Meloni dal sedicente prof campano nel suo post, espressione della più brutale cultura maschilista. Non una tra le note femministe ha profferito parola a riguardo, a maggior ragione quelle che si professano tali e che vagano su Facebook, e che nei loro scritti, quando possono definirsi tali, danno la netta sensazione di ispirarsi alle capre.
Un’ultima osservazione va fatta sulla benevola scelta dei media di non diffondere le generalità del sedicente prof campano. Un post di quel tenore ha sempre lo scopo di far parlare di sé, anche se probabilmente l’autore non si aspettava la viralità che ne è derivata. Qui non c’è privacy o diritto alla riservatezza che tenga. Ufficialmente – ripeto, ufficialmente – costui detiene la qualifica di insegnante di una scuola pubblica. Quale credibilità e autorevolezza potrebbe la nostra scuola mantenere se non rendessero noti agli studenti di ogni ordine e grado nome e cognome di chi arriva a scrivere nefandezze simili, senza nemmeno curarsi del fatto che la destinataria del turpe messaggio ha un’età sufficiente per prendere, in un modo o nell’altro, cognizione dell’accaduto? Diffondere le generalità di questo sedicente professore risponde ad un concreto interesse pubblico.
Anche le sue sembianze andrebbero divulgate su vasta scala. Perché la faccia, in genere ed esattamente come in questo caso, dice tutto.