Bologna, 9 aprile 2025
(avv. Antonello Tomanelli)
Per vedere applicata l’aggravante della crudeltà, devi tenere sospesa una donna a gambe divaricate e accendere un fuoco sotto, prima di ucciderla. E’ questo il ragionamento che sembra trasparire dalle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Assise di Venezia ha condannato all’ergastolo Filippo Turetta per l’omicidio di Giulia Cecchettin, riconoscendo la premeditazione ma escludendo, appunto, l’aggravante della crudeltà.
Secondo la Corte, quelle 75 coltellate inferte a Giulia con orgiastica violenza provano soltanto «l’inesperienza e l’inabilità» del Turetta, che non aveva «la competenza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e pulito».
Insomma, la dinamica dell’omicidio «non consente di desumere che il Turetta volesse fare scempio della vittima, non essendo a tal fine valorizzabile, di per sé, il numero di coltellate inferte». Per i giudici veneziani, l’avere il Turetta inferto 75 coltellate «non prova la volontà di infliggere alla vittima sofferenze aggiuntive e gratuite, volontà necessaria per poter ritenere integrata l’aggravante della crudeltà».
Sorvoliamo sulla dabbenaggine dell’incompetenza e dell’inabilità di chi non uccide tramite un unico fendente al cuore. Ma a leggere attentamente l’art. 63, lett. 4, del codice penale, che contiene l’aggravante comunemente denominata «della crudeltà», bisogna concludere che la corte è caduta in un errore logico colossale, che le solite femministe d’avanspettacolo riconducono ad una cultura patriarcale, pur essendoci ben quattro donne nel collegio che ha deciso all’unanimità.
L’aggravante in questione consiste nel «l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone». A ben vedere, il ragionamento della corte, quando parla della mancanza, nel Turetta, della volontà di procurare a Giulia «sofferenze gratuite e aggiuntive», si riferisce evidentemente alla categoria delle sevizie, disgiunte nella stessa norma da quella della crudeltà.
Crudeltà che evidentemente costituisce un’ipotesi diversa e ulteriore, rispetto alle sevizie.
Ma come può escludersi, in un caso del genere, la crudeltà è un mistero che nessuno riuscirà a svelare. Dubito che qualcuno, nella Londra di fine ‘800, non considerasse crudele il comportamento del competentissimo ed espertissimo Jack lo Squartatore, quando agiva così repentinamente da non lasciare alle vittime nemmeno il tempo di gridare, sgombrando così il campo a qualsiasi ipotesi di sevizia, ma disseminando, una volta giunta dopo pochi istanti la morte, le loro viscere lungo i corpi sezionati con precisione chirurgica, e posizionando sotto la testa a mo’ di cuscino l’utero asportato.
Si badi bene: la questione non è banale. E’ vero che al Turetta è stata riconosciuta la premeditazione, che di per sé ha garantito l’applicazione della pena dell’ergastolo. Ma in futuri casi, l’esclusione dell’aggravante della crudeltà potrebbe risparmiare a un assassino diversi anni di carcere, specie in presenza di attenuanti che finiscono per allontanare dalla insuperabile soglia dei trent’anni, e nella stessa misura, l’entità della pena inflitta.